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domenica, giugno 13

Piccoli lettori  

Pensavo ai libri per ragazzi.
A quelli che sono stati importanti per me.
Il primo libro di cui ho memoria è stato La tela di Carlotta di White. Un romanzo tenerissimo, sull’amicizia tra il maialino Filiberto e "la ragna" Carlotta che gli insegna a leggere tessendo l’alfabeto. Me lo leggeva mia nonna, e mi ci appassionai tanto che fu il primo libro che volli leggere tutto da sola, una volta imparato a farlo. E fu anche il primo libro che mia sorella mi stragiò con i pennarelli e strappando via qualche pagina: cosa che le buscò un bel po’ di botte, naturalmente.
Nell’estate tra la prima e la seconda elementare, invece, dopo il primo e unico trasloco della mia vita, nella casa nuova piena di nostalgia per gli amici lasciati e nella solitudine della mia timidezza che mi rendeva difficile farmene di nuovi, lessi tutto Pinocchio da sola: uno dei romanzi più belli di sempre. A quell’epoca il mio immaginario riguardo il burattino era legato totalmente allo sceneggiato televisivo di Comencini, quello con Manfredi che fa Geppetto e la Lollobrigida la Fatina Turchina. (Bellissimo!)
Il primo libro che ho invece detestato è arrivato subito dopo: idea di mia mamma, di farmi leggere il patinato Cuore di De Amicis, noiosa e inutile melassa che detestai subito. Rimise a posto le cose poi il babbo con il suo opposto, Il giornalino di Gian Burrasca, che così come per Pinocchio aveva per me il suo corrispondente televisivo nella grottesca interpretazione della Pavone.
Andando avanti, ho letto una buona quantità di libri grazie alla biblioteca comunale e ai regali. I miei non me ne comperavano molti: la mamma aveva questo atteggiamento ambiguo, di soddisfazione per la figlia che amava leggere e scrivere e di diffidenza insieme (continuava a dirmi di uscire, di stare all’aria aperta, a propormi le noiose e salutari passeggiate).
Non saprei dire quale è stato il libro preferito della mia infanzia, comunque; ma se penso a un titolo, il primo che mi viene in mente è Quando Hitler rubò il coniglio rosa di Judith Kerr, forse proprio per il titolo, uno dei più belli di sempre. Era un romazetto in edizione economia, con la copertina tutta gialla, e me lo regalò la maestra dopo gli esami di quinta elementare. Mi pare di averlo letto più di una volta. C’è una cosa, in particolare, che ricordo bene della storia: la protagonista, Anna, portava con sé durante l’esilio (era ebrea e scappata con i genitori e il fratello dalla Germania nazista) questo libro di biografie di uomini famosi, e ad un certo punto fa una riflessione del tipo: "tutti questi hanno avuto un’infanzia difficile, e poi sono diventati famosi scrittori, musicisti, politici... io non diventerò mai famosa, perché la mia infanzia è felice". Che in effetti è vero: nonostante tutto questo libro è un libro leggero e "felice", dove l’orrore e la paura fanno da sfondo a una bimba che cresce tutto sommato bene.
Un bel libro, più ci ripenso.