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venerdì, novembre 26

L'ultimo disco dei Cure 

Stamani ho approfittato delle due ore e passa necessarie al mio parrucchiere per operare su di me la "ristrutturazione", per finire L'ultimo disco dei Cure di Massimiliano Nuzzolo, libro che mi portavo dietro stancamente da tempo.
"Stancamente" perché non mi piaceva più di tanto, lo ammetto: non mi piaceva né lo stile, né mi catturava la storia. Ma mi è difficile accantonare i libri che comincio: mi devono proprio risultare insopportabili (palma d'oro alla Mazzantini, lasciata alla seconda pagina del primo capitolo, con somma soddisfazione).
Comunque sono contenta di averlo finito, questo, perché in fondo non è affatto un brutto romanzo, con diverse pecche, secondo me, ma con alcuni indubbi pregi.
Facciamo la "personcina carina" una volta tanto e cominciamo dai pregi.
I due protagonisti rispecchiano perfettamente le due tipologie dei giovani trentenni: Pietro è il Peter Pan che non ha finito l'università, che non ha un lavoro, che sta con mamma e papà, con la fidanzata che non ama, ascolta un'infinità di musica, parla continuamente di musica, specialmente dei Cure. Alice si trova sperduta nel "paese delle meraviglie" della carriera e del successo, rincorso con lunghe ore di faticoso e alienante lavoro, e la solitudine dell'elegante appartamento milanese, la musica è il suo mestiere (lavora in una casa discografica). Quello che mi è piaciuto è come i due vengono impudicamente messi a nudo nei loro sentimenti e nelle loro paure più intime: sono molto "veri".
Le loro storie viaggiano parallelamente per tutto il romanzo fino alla fine, fino a che si incrociano, incredibilmente e in modo un po' troppo inverosimile, forse.
E qui arriviamo ai difetti: troppe coincidenze, troppo forzata la situazione nel finale. E' vero che alle volte la vita è talmente sorprendente e inverosimile anche più della fiction, ma in un'opera di invenzione, appunto, si rischia secondo me a tirare troppo la corda: qui lo si fa e la storia perde molto della sua "naturalità". Comunque è anche a suo modo emozionante, questo finale "a colpi di scena" e, tanto per tornare ai pregi, la figura del dolente Mario, l'amico di sempre di Pietro, e il momento della sua "rivelazione" è molto bello.
Un accostamente che mi è venuto immediato, non so se possa far piacere o meno all'autore, è con il film di Ligabue Da zero a dieci , forse per via di Rimini, o di quel tono di scontentezza mista a supponenza che sembra venir naturale a chi supera i trenta.