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mercoledì, dicembre 29

Closer 

Closer, il film di Mike Nichols, è uno di quei film che ti fregano: nonostante ne hai letto abbastanza male, e ci credi, pensi che comunque ci sono Jude Law, e la Roberts, e la Portman, e Re Artù, e che essendo tratto da una pièce teatrale magari è particolare, raffinato... Insomma pensi che ti possa piacere in qualche modo. E finisci quindi per andarci.
Anche perché in questo periodo, con le sale piene di film già visti e di quelli che non vogliamo vedere, e niente che esce, non ci rimane poi grande scelta.
Closer è un film verboso e improbabile, con quattro personaggi che sono troppo stereotipati e mentalmente disturbati per attirare un minimo di simpatie. La storia è schematizzata in una serie di scambi di battute a due: lui-lei, lui-l'altra, lei-l'altra, l'altro-l'altra... fino ad esaurire tutti i possibili abbinamenti e tutta la scorta di pazienza. In più dilatata nel tempo (quattro anni) e ristretta in cinque o sei interni al massimo.
Il tutto rispondeva originariamente a esigenze teatrali, è chiaro, ma nella versione cinematografica non si traduce in niente di interessante, anzi.