lunedì, novembre 29
Gli Incredibili e oltre...
Questo film è pressoché perfetto da tutti i punti di vista. E' ben scritto, ben disegnato e divertentissimo. E' avvolto da un'ambientazione fantastica e i personaggi sono tutti caratterizzati al meglio. E qua finisce la mia recensione.
Però... c'è un "però" più noioso che non mi vuol uscire dalla testa.
Come ogni buon film Disney, questo "The Incredibles" contiene la sua semplice morale, il suo aspetto pedagogico (e guai se non ci fosse, mi arrabbierei!).
Senza andar troppo lontano, lo scorso anno la grande avventura del piccolo Nemo contemplava i valori dell'amicizia e della famiglia e quella dell'orso Koda era un vero e proprio saggio sull'uguaglianza e sulla fratellanza. Tutto bello, tutto dolce e zuccheroso, tutto ben infiocchettato per noi sentimentaloni.
(Da qua in poi faccio un po' di Spoiler)
Come dicevo gli Incredibili rispettano questa tradizione, senza dubbio, ma stavolta in modo un po' anticonvenzionale. Stavolta non ci sono brutti anatroccoli messi da parte, ma supereroi. Supereroi vittime di una sorta di folle razzismo al contrario che impedisce loro di risolvere i problemi delle persone. E il nostro simpaticissimo Mr.Incredibile è depresso e nervoso come un animale in gabbia perché non riesce ad adeguarsi alla normalità della sua vita e al fatto che non può usare i suoi superpoteri. Come anche ammetterà in seguito, non riesce ad apprezzare ciò che ha, sua moglie, i suoi figli e la sua casa, e si mette nei guai solo perché voleva tornare ad essere ciò che era.
E il cattivone? Stavolta il cattivone è solo una persona delusa.
Era un bambino che sognava di essere un supereroe e che non poteva diventarlo perché era sprovvisto di superpoteri. A me faceva un po' pena...
Insomma, dove voglio arrivare? Non lo so nemmeno io. Però mi chiedo, è un nostro dovere essere qualcuno? E' così brutto essere normali? La normalità fa rima con mediocrità? Sono solo domande. Domande che mi pongo da sempre, anche se non mi aspettavo che "Gli Incredibili" me le avrebbe riproposte.
Però... c'è un "però" più noioso che non mi vuol uscire dalla testa.
Come ogni buon film Disney, questo "The Incredibles" contiene la sua semplice morale, il suo aspetto pedagogico (e guai se non ci fosse, mi arrabbierei!).
Senza andar troppo lontano, lo scorso anno la grande avventura del piccolo Nemo contemplava i valori dell'amicizia e della famiglia e quella dell'orso Koda era un vero e proprio saggio sull'uguaglianza e sulla fratellanza. Tutto bello, tutto dolce e zuccheroso, tutto ben infiocchettato per noi sentimentaloni.
(Da qua in poi faccio un po' di Spoiler)
Come dicevo gli Incredibili rispettano questa tradizione, senza dubbio, ma stavolta in modo un po' anticonvenzionale. Stavolta non ci sono brutti anatroccoli messi da parte, ma supereroi. Supereroi vittime di una sorta di folle razzismo al contrario che impedisce loro di risolvere i problemi delle persone. E il nostro simpaticissimo Mr.Incredibile è depresso e nervoso come un animale in gabbia perché non riesce ad adeguarsi alla normalità della sua vita e al fatto che non può usare i suoi superpoteri. Come anche ammetterà in seguito, non riesce ad apprezzare ciò che ha, sua moglie, i suoi figli e la sua casa, e si mette nei guai solo perché voleva tornare ad essere ciò che era.
E il cattivone? Stavolta il cattivone è solo una persona delusa.
Era un bambino che sognava di essere un supereroe e che non poteva diventarlo perché era sprovvisto di superpoteri. A me faceva un po' pena...
Insomma, dove voglio arrivare? Non lo so nemmeno io. Però mi chiedo, è un nostro dovere essere qualcuno? E' così brutto essere normali? La normalità fa rima con mediocrità? Sono solo domande. Domande che mi pongo da sempre, anche se non mi aspettavo che "Gli Incredibili" me le avrebbe riproposte.
venerdì, novembre 26
L'ultimo disco dei Cure
Stamani ho approfittato delle due ore e passa necessarie al mio parrucchiere per operare su di me la "ristrutturazione", per finire L'ultimo disco dei Cure di Massimiliano Nuzzolo, libro che mi portavo dietro stancamente da tempo.
"Stancamente" perché non mi piaceva più di tanto, lo ammetto: non mi piaceva né lo stile, né mi catturava la storia. Ma mi è difficile accantonare i libri che comincio: mi devono proprio risultare insopportabili (palma d'oro alla Mazzantini, lasciata alla seconda pagina del primo capitolo, con somma soddisfazione).
Comunque sono contenta di averlo finito, questo, perché in fondo non è affatto un brutto romanzo, con diverse pecche, secondo me, ma con alcuni indubbi pregi.
Facciamo la "personcina carina" una volta tanto e cominciamo dai pregi.
I due protagonisti rispecchiano perfettamente le due tipologie dei giovani trentenni: Pietro è il Peter Pan che non ha finito l'università, che non ha un lavoro, che sta con mamma e papà, con la fidanzata che non ama, ascolta un'infinità di musica, parla continuamente di musica, specialmente dei Cure. Alice si trova sperduta nel "paese delle meraviglie" della carriera e del successo, rincorso con lunghe ore di faticoso e alienante lavoro, e la solitudine dell'elegante appartamento milanese, la musica è il suo mestiere (lavora in una casa discografica). Quello che mi è piaciuto è come i due vengono impudicamente messi a nudo nei loro sentimenti e nelle loro paure più intime: sono molto "veri".
Le loro storie viaggiano parallelamente per tutto il romanzo fino alla fine, fino a che si incrociano, incredibilmente e in modo un po' troppo inverosimile, forse.
E qui arriviamo ai difetti: troppe coincidenze, troppo forzata la situazione nel finale. E' vero che alle volte la vita è talmente sorprendente e inverosimile anche più della fiction, ma in un'opera di invenzione, appunto, si rischia secondo me a tirare troppo la corda: qui lo si fa e la storia perde molto della sua "naturalità". Comunque è anche a suo modo emozionante, questo finale "a colpi di scena" e, tanto per tornare ai pregi, la figura del dolente Mario, l'amico di sempre di Pietro, e il momento della sua "rivelazione" è molto bello.
Un accostamente che mi è venuto immediato, non so se possa far piacere o meno all'autore, è con il film di Ligabue Da zero a dieci , forse per via di Rimini, o di quel tono di scontentezza mista a supponenza che sembra venir naturale a chi supera i trenta.
"Stancamente" perché non mi piaceva più di tanto, lo ammetto: non mi piaceva né lo stile, né mi catturava la storia. Ma mi è difficile accantonare i libri che comincio: mi devono proprio risultare insopportabili (palma d'oro alla Mazzantini, lasciata alla seconda pagina del primo capitolo, con somma soddisfazione).
Comunque sono contenta di averlo finito, questo, perché in fondo non è affatto un brutto romanzo, con diverse pecche, secondo me, ma con alcuni indubbi pregi.
Facciamo la "personcina carina" una volta tanto e cominciamo dai pregi.
I due protagonisti rispecchiano perfettamente le due tipologie dei giovani trentenni: Pietro è il Peter Pan che non ha finito l'università, che non ha un lavoro, che sta con mamma e papà, con la fidanzata che non ama, ascolta un'infinità di musica, parla continuamente di musica, specialmente dei Cure. Alice si trova sperduta nel "paese delle meraviglie" della carriera e del successo, rincorso con lunghe ore di faticoso e alienante lavoro, e la solitudine dell'elegante appartamento milanese, la musica è il suo mestiere (lavora in una casa discografica). Quello che mi è piaciuto è come i due vengono impudicamente messi a nudo nei loro sentimenti e nelle loro paure più intime: sono molto "veri".
Le loro storie viaggiano parallelamente per tutto il romanzo fino alla fine, fino a che si incrociano, incredibilmente e in modo un po' troppo inverosimile, forse.
E qui arriviamo ai difetti: troppe coincidenze, troppo forzata la situazione nel finale. E' vero che alle volte la vita è talmente sorprendente e inverosimile anche più della fiction, ma in un'opera di invenzione, appunto, si rischia secondo me a tirare troppo la corda: qui lo si fa e la storia perde molto della sua "naturalità". Comunque è anche a suo modo emozionante, questo finale "a colpi di scena" e, tanto per tornare ai pregi, la figura del dolente Mario, l'amico di sempre di Pietro, e il momento della sua "rivelazione" è molto bello.
Un accostamente che mi è venuto immediato, non so se possa far piacere o meno all'autore, è con il film di Ligabue Da zero a dieci , forse per via di Rimini, o di quel tono di scontentezza mista a supponenza che sembra venir naturale a chi supera i trenta.
mercoledì, novembre 24
La memoria è una bella cosa se uno non deve fare i conti con il passato
Vidi Prima dell'alba al liceo, a diciassette anni, una domenica pomeriggio con le mie amiche del cuore di allora (con le quali adesso, per varie e dimenticate ragioni, non ci parliamo più).
Lo ricordavo come un film bellissimo, emozionante, romantico: un incontro che ogni ragazza desidererebbe fare, una notte che tutte sognamo, in una città sconosciuta, a parlare di tutto con uno sconosciuto (bello come Ethan Hawke, poi). Con un finale perfetto: i due si salutano, non si dicono addio, forse si rivedranno, tra sei mesi, sempre lì... chissà se.
Before Sunset soddisfa pienamente le curiosità dello spettatore: si viene a sapere di come è andata poi tra Jesse e Celine, cosa sono diventati nel frattempo, e poi si hanno ancora due ore da passare insieme a loro, questa volta a Parigi, questa volta in un tardo pomeriggio.
Il film non è piaciuto molto a quelli che era con noi in sala: ho sentito un sacco di proteste. E mi chiedo cosa cerca la gente, perché va a vedere un film seguito di un altro senza aver visto il primo, o se ha visto il primo ugualmente cosa si può aspettare di diverso dal secondo.
Invece questo film è esattamente quello che mi aspettavo, che volevo: ricordarmi di un film che avevo tanto amato, che non è il capolavoro del secolo, che è un normale filmetto romantico, intelligente e non banale, ma iperzuccheroso e lento, che però può emozionare e piacere, specie a diciassette anni.
Before Sunset rispetto al primo ha un po' più ritmo, un po' meno originalità e dialoghi ugualmente carini. Julie Delpy è praticamente identica a nove anni fa, bella uguale, non sembra invecchiata né ingrassata o dimagrita di un etto. Ethan Hawke invece è smagritissimo, fa impressione. Il finale rimane ancora una volta aperto.
Io sono soddisfatta così.
Lo ricordavo come un film bellissimo, emozionante, romantico: un incontro che ogni ragazza desidererebbe fare, una notte che tutte sognamo, in una città sconosciuta, a parlare di tutto con uno sconosciuto (bello come Ethan Hawke, poi). Con un finale perfetto: i due si salutano, non si dicono addio, forse si rivedranno, tra sei mesi, sempre lì... chissà se.
Before Sunset soddisfa pienamente le curiosità dello spettatore: si viene a sapere di come è andata poi tra Jesse e Celine, cosa sono diventati nel frattempo, e poi si hanno ancora due ore da passare insieme a loro, questa volta a Parigi, questa volta in un tardo pomeriggio.
Il film non è piaciuto molto a quelli che era con noi in sala: ho sentito un sacco di proteste. E mi chiedo cosa cerca la gente, perché va a vedere un film seguito di un altro senza aver visto il primo, o se ha visto il primo ugualmente cosa si può aspettare di diverso dal secondo.
Invece questo film è esattamente quello che mi aspettavo, che volevo: ricordarmi di un film che avevo tanto amato, che non è il capolavoro del secolo, che è un normale filmetto romantico, intelligente e non banale, ma iperzuccheroso e lento, che però può emozionare e piacere, specie a diciassette anni.
Before Sunset rispetto al primo ha un po' più ritmo, un po' meno originalità e dialoghi ugualmente carini. Julie Delpy è praticamente identica a nove anni fa, bella uguale, non sembra invecchiata né ingrassata o dimagrita di un etto. Ethan Hawke invece è smagritissimo, fa impressione. Il finale rimane ancora una volta aperto.
Io sono soddisfatta così.
martedì, novembre 23
Lunedì romano
Ieri siamo stati a Roma.
Manu doveva prendere dei documenti per la tesi e io l'ho accompagnato.
Non andavo da un sacco di tempo a Roma e come sempre noi partiamo impreparatissimi: senza aver fatto un programma, un itinerario. Manu si era solo informato alla perfezione sulla strada da fare per andare all'Eur, e da lì per trovare il posto dove doveva andare.
Per il resto, nient'altro. Sapevamo solo che avremmo avuto poco tempo, una mezza giornata, per fare un giro.
Sbrigate le commissioni in mattinata e parcheggiata la macchina all'Eur, andiamo alla stazione più vicina della metropolitana.
Io voglio andare subito a San Pietro. La basilica mi fa uno strano effetto; mi fanno sempre uno strano effetto queste cose, quelle che vedi decine di volte in tv e in foto: quando ti ci trovi davanti ti sembrano finte, cartonate.
Dentro è immensa. Piena di quel tipo di sculture che a me fanno impressione.
Alcune le avevo studiate, e stavo a fare come all'esame con le figure del libro: questo Bernini, quello Michelangelo... la Pietà è valorrizzata pochissimo, messa al di là di quel vetro, lontanissima, non sembra nemmeno lei, magari non lo è davvero.
Manu mi fa fare una figura di merda dentro una cappellina dove tutti stavano in raccoglimento e preghiera: c'era una suora tutta vestita d'azzurro che pregava in ginocchio proprio davanti all'altare, si vedeva solo il velo lungo fino al pavimento. Lui mi fa: "ma quella? sembra la Madonna", e dopo un po': "Chiara, secondo me la vediamo solo noi"... Mi prende sempre in giro con le storie del paranormale, perché sa che sono impressionabile. Io gli faccio: "chiedi a quella signora se la vede anche lei", e lui comincia a ridere e, ovviamente, tutti si girano guardandoci malissimo.
Il resto del pomeriggio lo passiamo a girovagare per il centro: Piazza Navona, Fontana di Trevi, Piazza di Spagna... Con l'ombrello, perché comincia a piovigginare.
Ci stravacchiamo un po' su un divanetto della bella Feltrinelli di Galleria Sordi, guardiamo il Colosseo, accapandoci dalla stazione della metropolitana.
Siamo a casa per cena, in tempo per i tagliolini al tartufo bianco di San Miniato che avevano comperato i miei domenica: meraviglioso!
Manu doveva prendere dei documenti per la tesi e io l'ho accompagnato.
Non andavo da un sacco di tempo a Roma e come sempre noi partiamo impreparatissimi: senza aver fatto un programma, un itinerario. Manu si era solo informato alla perfezione sulla strada da fare per andare all'Eur, e da lì per trovare il posto dove doveva andare.
Per il resto, nient'altro. Sapevamo solo che avremmo avuto poco tempo, una mezza giornata, per fare un giro.
Sbrigate le commissioni in mattinata e parcheggiata la macchina all'Eur, andiamo alla stazione più vicina della metropolitana.
Io voglio andare subito a San Pietro. La basilica mi fa uno strano effetto; mi fanno sempre uno strano effetto queste cose, quelle che vedi decine di volte in tv e in foto: quando ti ci trovi davanti ti sembrano finte, cartonate.
Dentro è immensa. Piena di quel tipo di sculture che a me fanno impressione.
Alcune le avevo studiate, e stavo a fare come all'esame con le figure del libro: questo Bernini, quello Michelangelo... la Pietà è valorrizzata pochissimo, messa al di là di quel vetro, lontanissima, non sembra nemmeno lei, magari non lo è davvero.
Manu mi fa fare una figura di merda dentro una cappellina dove tutti stavano in raccoglimento e preghiera: c'era una suora tutta vestita d'azzurro che pregava in ginocchio proprio davanti all'altare, si vedeva solo il velo lungo fino al pavimento. Lui mi fa: "ma quella? sembra la Madonna", e dopo un po': "Chiara, secondo me la vediamo solo noi"... Mi prende sempre in giro con le storie del paranormale, perché sa che sono impressionabile. Io gli faccio: "chiedi a quella signora se la vede anche lei", e lui comincia a ridere e, ovviamente, tutti si girano guardandoci malissimo.
Il resto del pomeriggio lo passiamo a girovagare per il centro: Piazza Navona, Fontana di Trevi, Piazza di Spagna... Con l'ombrello, perché comincia a piovigginare.
Ci stravacchiamo un po' su un divanetto della bella Feltrinelli di Galleria Sordi, guardiamo il Colosseo, accapandoci dalla stazione della metropolitana.
Siamo a casa per cena, in tempo per i tagliolini al tartufo bianco di San Miniato che avevano comperato i miei domenica: meraviglioso!
sabato, novembre 20
Sempre l'ultima a sapere
E anche per questa volta ha vinto il più gnocco!
Vabbè... pazienza.
Non che non apprezzi il bel sorriso del bel Sergio Muniz, sia chiaro, ma ci avevo sperato sinceramente per il mio Sandokan.
E per restare in tema di gnocchi: a quanto pare io sono sempre l'ultima a sapere, e solo ieri ho saputo dell'esistenza di questo film, uscito fresco fresco in sala, continuo di Prima dell'alba, per me un cult inossidabile, uno dei film preferiti della mia adolescenza, e non solo perché c'è Ethan Hawke.
Ovviamente, volerò a vederlo quanto prima, spero stasera stessa.
Vabbè... pazienza.
Non che non apprezzi il bel sorriso del bel Sergio Muniz, sia chiaro, ma ci avevo sperato sinceramente per il mio Sandokan.
E per restare in tema di gnocchi: a quanto pare io sono sempre l'ultima a sapere, e solo ieri ho saputo dell'esistenza di questo film, uscito fresco fresco in sala, continuo di Prima dell'alba, per me un cult inossidabile, uno dei film preferiti della mia adolescenza, e non solo perché c'è Ethan Hawke.
Ovviamente, volerò a vederlo quanto prima, spero stasera stessa.
giovedì, novembre 18
Telefilm a eliminazione
A quanto pare, dopo che la scorsa settimana se n'è andata Anna, una delle mie preferite, da O.C. se ne andrà anche Luke, personaggio che comunque ha già dato tutto quello che poteva dare... doppi sensi a parte:)
Sembra quasi un reality.
E a proposito di reality: forza Sandokan!
Sembra quasi un reality.
E a proposito di reality: forza Sandokan!
martedì, novembre 16
Vera Drake
Il segreto di Vera Drake è un buon film ma non eccellente, parla di un tema "difficile" ma senza andare troppo in profondità, illustra bene uno spaccato storico e sociale ma lo fa in modo accademico, e non emoziona più di tanto.
La signora Drake è una pimpante madre di famiglia, dolce e altruista, sempre pronta ad aiutare tutti, anche le giovani "in difficoltà", pronta ad aiutare senza ricevere niente in cambio, e senza preoccuparsi della legge e delle conseguenze.
Non è un personaggio che faccia poi così simpatia, a dir la verità, a me almeno: ammetto di aver pensato più di una volta "ma che stupida!", trovandomi così d'accordo con l'antipatica, egoista e superficiale, cognata di Vera.
I personaggi e le situazioni di contorno sono migliori: la figlia un po' "dumb" con il fidanzato (la scena in cui lui la chiede in moglie è molto divertente), il figlio estroverso e giustamente risentito con la madre, il cognato succube della moglie un po' strega (sempre quella di cui dicevo prima).
Buono il tema "sociale" del contrasto tra la classe proletaria della protagonista e la borghesia, rappresentata dalle famiglia presso le quali Vera presta servizio, le cui figlie possono permettersi di interrompere le loro gravidanze in modo sicuro, anche se ugualmente illegale, presso strutture ospedaliere.
In definitiva, un film che si fa guardare, interpretato bene (la Coppa Volpi a Imelda Staunton mi sembra meritata), ma che si mantiene su un livello medio e, ripeto, accademico.
La signora Drake è una pimpante madre di famiglia, dolce e altruista, sempre pronta ad aiutare tutti, anche le giovani "in difficoltà", pronta ad aiutare senza ricevere niente in cambio, e senza preoccuparsi della legge e delle conseguenze.
Non è un personaggio che faccia poi così simpatia, a dir la verità, a me almeno: ammetto di aver pensato più di una volta "ma che stupida!", trovandomi così d'accordo con l'antipatica, egoista e superficiale, cognata di Vera.
I personaggi e le situazioni di contorno sono migliori: la figlia un po' "dumb" con il fidanzato (la scena in cui lui la chiede in moglie è molto divertente), il figlio estroverso e giustamente risentito con la madre, il cognato succube della moglie un po' strega (sempre quella di cui dicevo prima).
Buono il tema "sociale" del contrasto tra la classe proletaria della protagonista e la borghesia, rappresentata dalle famiglia presso le quali Vera presta servizio, le cui figlie possono permettersi di interrompere le loro gravidanze in modo sicuro, anche se ugualmente illegale, presso strutture ospedaliere.
In definitiva, un film che si fa guardare, interpretato bene (la Coppa Volpi a Imelda Staunton mi sembra meritata), ma che si mantiene su un livello medio e, ripeto, accademico.
domenica, novembre 14
I due papà
Dice Thomas, otto anni: "Se qualcuno nella mia classe certe volte si dà delle arie sai cosa dico per vantarmi? Dico che io ho due papà e lui no!".
Ho letto la storia di Thomas e dei suoi due papà, pubblicata oggi sul blog di Rossana Campo, e l'ho trovata molto bella.
Ve la consiglio.
Ho letto la storia di Thomas e dei suoi due papà, pubblicata oggi sul blog di Rossana Campo, e l'ho trovata molto bella.
Ve la consiglio.
lunedì, novembre 8
Il CineRaduno (anche un pretesto per fare un post pieno di link!)
Non essendo blogger mondani, essendo sopravvissuti ad un mini-raduno di "blog-star" l'anno scorso a Torino solo mantenendosi in incognito e salutando giusto due persone, abbiamo disertato la grande BlogFest di Gianluca Neri, ma non il più allettante pranzo con gli amici cinefili, organizzato dall'ottimo Kekkoz.
Ci prepariamo a quella che immaginiamo sarà l'inevitabile discussione sullo scottante argomento The Village, partiamo di buon'ora e alle dieci e trenta già siamo a far colazione in centro a Bologna, con più di un'ora di anticipo sull'orario di incontro con gli altri.
Ci facciamo un giretto e alle 12 siamo sotto al Nettuno di Giambologna, dove incontriamo Kekkoz e il grande Nicola Moroni, che vede tutti i film senza andare al cinema e tiene un blog cinefilo senza parlare mai in prima persona di un film. Alla spicciolata arrivano Andrea, che mi fa ridere per il titolo del suo blog, visto che io amo sgranocchiare patatine e qualsiasi altra schifezza al cinema, cineblob con le scarpe gialle di Uma Thurman, l'altra carinissima Chiara , l'altro sanminiatese-bolognese e Blue blanket, l'unico blogger che non vuole esser letto.
Rocambolescamente con due viaggi sulla nostra C3 arriviamo a questa trattoria, a quanto pare famosa per il trattamento ai clienti, un po' simil-GigiIlTroione. Qui troviamo due rappresentanti di Secondavisione, che la pensano come noi su The Village, e Roberto con signora.
Il pranzo è stato meraviglioso, io mi sono trovata in una invidiabile posizione borderline, tra la metà del tavolo intenta in discussioni su film asiatici, rassegne lesbo-cyber ecc. e improbabili remake tarantiniani di commedie all'italiana, e l'altra metà impegnata in ragionamenti colti sul mondo.
E' stato carino vedere dal vivo tutti questi bloggers e farsi vedere.
Non si sono fatte foto, e direi che è stato più che giusto così.
Durante il viaggio di ritorno, con Nicola Moroni che abbiamo accompagnato a Firenze, mi sono un po' assopita quando i due maschietti, esaurito il discorso cinema e affini, si sono avventurati nell'odiato tema calcio (sic!).
Grazie a tutti e spero ci sarà una prossima, ragazzi!
Ci prepariamo a quella che immaginiamo sarà l'inevitabile discussione sullo scottante argomento The Village, partiamo di buon'ora e alle dieci e trenta già siamo a far colazione in centro a Bologna, con più di un'ora di anticipo sull'orario di incontro con gli altri.
Ci facciamo un giretto e alle 12 siamo sotto al Nettuno di Giambologna, dove incontriamo Kekkoz e il grande Nicola Moroni, che vede tutti i film senza andare al cinema e tiene un blog cinefilo senza parlare mai in prima persona di un film. Alla spicciolata arrivano Andrea, che mi fa ridere per il titolo del suo blog, visto che io amo sgranocchiare patatine e qualsiasi altra schifezza al cinema, cineblob con le scarpe gialle di Uma Thurman, l'altra carinissima Chiara , l'altro sanminiatese-bolognese e Blue blanket, l'unico blogger che non vuole esser letto.
Rocambolescamente con due viaggi sulla nostra C3 arriviamo a questa trattoria, a quanto pare famosa per il trattamento ai clienti, un po' simil-GigiIlTroione. Qui troviamo due rappresentanti di Secondavisione, che la pensano come noi su The Village, e Roberto con signora.
Il pranzo è stato meraviglioso, io mi sono trovata in una invidiabile posizione borderline, tra la metà del tavolo intenta in discussioni su film asiatici, rassegne lesbo-cyber ecc. e improbabili remake tarantiniani di commedie all'italiana, e l'altra metà impegnata in ragionamenti colti sul mondo.
E' stato carino vedere dal vivo tutti questi bloggers e farsi vedere.
Non si sono fatte foto, e direi che è stato più che giusto così.
Durante il viaggio di ritorno, con Nicola Moroni che abbiamo accompagnato a Firenze, mi sono un po' assopita quando i due maschietti, esaurito il discorso cinema e affini, si sono avventurati nell'odiato tema calcio (sic!).
Grazie a tutti e spero ci sarà una prossima, ragazzi!
venerdì, novembre 5
The Village
Non abbiamo scritto niente di The Village, io perché non sapevo francamente cosa scrivere dal momento che il film mi ha lasciata completamente indifferente, che l'ho trovato noioso e nel finale pure parecchio patetico.
Ma leggendo i pareri entusiasti di Cinebblogers e non e guardando per caso uno speciale di un paio di sere fa alla tv, mi è venuto il dubbio, sincero, che forse ci siamo visti il film sbagliato, che al Cinema Lami abbiano consegnato delle pizze tagliate male.
O che forse, senza nemmeno accorgermene, mi sono addormentata durante la proiezione perdendomi qualche sequenza. O che il film abbia un qualche potere ipnotico, esoterico o... non è che guardandolo al contrario ci sarà qualche diabolico messaggio subliminale?
Ma leggendo i pareri entusiasti di Cinebblogers e non e guardando per caso uno speciale di un paio di sere fa alla tv, mi è venuto il dubbio, sincero, che forse ci siamo visti il film sbagliato, che al Cinema Lami abbiano consegnato delle pizze tagliate male.
O che forse, senza nemmeno accorgermene, mi sono addormentata durante la proiezione perdendomi qualche sequenza. O che il film abbia un qualche potere ipnotico, esoterico o... non è che guardandolo al contrario ci sarà qualche diabolico messaggio subliminale?
giovedì, novembre 4
Ah, ecco una cosa che volevo e non ho fatto a Lucca: cercare e comprare il libro di Eriadan.
Accidenti.
Per chi, come me, non l'ha fatto l'autore qua ci spiega come rimediare (grazie!).
Accidenti.
Per chi, come me, non l'ha fatto l'autore qua ci spiega come rimediare (grazie!).
mercoledì, novembre 3
Giochi giochi
Appurato che I coloni di Catan è ormai il gioco da tavolo definitivo, abbiamo trascorso le ultime due serate a provarne l'espansione "Città e cavalieri", comprata da Carlotta e Samuele al Comics&Games (a proposito ci siamo stati lunedì e lanciati in un torneo improvvisato dalla Tilsit nel quale nessuno di noi ha vinto, sic!).
Rispetto alla scatola base questa espansione complica notevolmente la dinamica del gioco e fa perdere un po' di quella freschezza e immediatezza tipica dei Coloni, soprattutto rallenta di molto le "mani" e più facilmente fa perdere il controllo di tutta la situazione.
Comunque è affascinante, e sicuramente dobbiamo giocarlo di più prima di cominciare a divertircisi tanto come con il base.
Io e Manu invece a Lucca abbiamo comprato Munchkin, un giochino di carte di cui mi sono innamorata subito: forse perché è cattivissimo, oltre che divertententissimo. Tanto per rendere l'idea della filosofia, una delle regole espresse tra le istruzioni è che "in caso di discussione, la parola conclusiva spetta al proprietario del gioco" (meno male che l'ho pagato anch'io!).
Rispetto alla scatola base questa espansione complica notevolmente la dinamica del gioco e fa perdere un po' di quella freschezza e immediatezza tipica dei Coloni, soprattutto rallenta di molto le "mani" e più facilmente fa perdere il controllo di tutta la situazione.
Comunque è affascinante, e sicuramente dobbiamo giocarlo di più prima di cominciare a divertircisi tanto come con il base.
Io e Manu invece a Lucca abbiamo comprato Munchkin, un giochino di carte di cui mi sono innamorata subito: forse perché è cattivissimo, oltre che divertententissimo. Tanto per rendere l'idea della filosofia, una delle regole espresse tra le istruzioni è che "in caso di discussione, la parola conclusiva spetta al proprietario del gioco" (meno male che l'ho pagato anch'io!).
martedì, novembre 2
Inguaribile romantica
L'altro ieri ci siamo fatti a casa di Manu una maratona Kill Bill : vol.1 e vol.2 in dvd. Non li avevo mai visti uno di seguito all'altro e l'effetto è quello, ovvio, del film più perfettamente stupendo di sempre.
C'è solo una cosa, una mia reazione da inguaribile romantica, accentuata forse questa volta dagli effetti ancora freschi su di me della visione di Se mi lasci ti cancello, con tutta la sua carica ottimistica nei confronti dell'amore.
Il fatto è che quando si arriva alla fine, all'epilogo, bellissimo, in cui si completa la vendetta della Sposa, non posso fare a meno di pensare a quanto mi piacerebbe che Beatrix e Bill potessero avere una seconda chance, così come è stata concessa a Joel e Clementine, per potersi amare di nuovo come nella scena del falò e vivere felici con la loro bambina...
Un piccolo finale alternativo, magari impossibile, ma che mi piace comunque pensare.
C'è solo una cosa, una mia reazione da inguaribile romantica, accentuata forse questa volta dagli effetti ancora freschi su di me della visione di Se mi lasci ti cancello, con tutta la sua carica ottimistica nei confronti dell'amore.
Il fatto è che quando si arriva alla fine, all'epilogo, bellissimo, in cui si completa la vendetta della Sposa, non posso fare a meno di pensare a quanto mi piacerebbe che Beatrix e Bill potessero avere una seconda chance, così come è stata concessa a Joel e Clementine, per potersi amare di nuovo come nella scena del falò e vivere felici con la loro bambina...
Un piccolo finale alternativo, magari impossibile, ma che mi piace comunque pensare.